lunedì 28 aprile 2008

De rebus Cinae: 1° parte

Sottotitolo: La politica, il regime, la censura, il consenso popolare

Prima o poi dovevo cimentarmi in questi spinosi e labirintici argomento. E’ ora di rompere gli indugi e rischiare un po’ di galera per tenere informati voi occidentali assetati (ma anche no) di notizie geopolitiche dalle terre lontane.

Mi rendo conto ora più che mai che vedere le cose dall’esterno possa portare visioni sia parziali che distorte. O almeno, se non si hanno referenze dall’interno, cosa che vado a rappresentare in questo momento, ognuno di noi tende a crearsi delle idee che sono più influenzate dalle sceneggiature personali piuttosto che da ciò che si è effettivamente in grado di analizzare.
Per esempio io avevo una visione dei cinesi come di un popolo sofferente e con un’intrinseca e costante propensione alla ribellione dal regime, il quale li opprime e non gli permette di fare figli a seconda delle loro volontà, di ottenere notizie da più fonti (soprattutto quelle internazionali), di esprimere la loro opinione liberamente in quanto terrorizzati dai controlli capillari della polizia (che effettivamente è ad ogni angolo di strada, anche il più inutile, nonché ne sono pieni i negozi e gli edifici pubblici)



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Niente di tutto questo mi è stato confermato in questi primi due mesi di permanenza qui e direi che sono stato sorpreso dallo straordinario allineamento ai pensieri del regime della maggior parte delle persone riguardo le questioni sulle indipendenze e le violenze presenti e passate.
Voglio essere chiaro ed onesto, non è che abbia intavolato discussioni con un campione demoscopico amplissimo, avrò parlato di certi argomenti con una decina di persone di varia estrazione e di varia provenienza geografica (nel mio campus i cinesi di Pechino sono pochissimi, tutti studenti fuori sede). Però ho chiesto se il loro modo di vedere le cose rispecchiava quello di altri (tutti) e la risposta è sempre stata assolutamente si!





La cosa che più mi ha sorpreso è che i cinesi nutrono la più genuina e acritica fiducia nel proprio governo. Sono esattamente come dei bambini di fronte all’autorità del padre: pensa a tutto lui e noi sappiamo con certezza che qualsiasi suo gesto, oltre che perfetto, non può che essere finalizzato al nostro benessere. E da lui ci sentiamo protetti.

Tutto ciò che noi giudichiamo liberticida e antidemocratico per loro è semplicemente un qualcosa del quale non hanno bisogno. Ed è così che mi hanno risposto quando, vedendomi fremere per conoscere i risultati elettorali dopo il 14 aprile, ho chiesto loro se non sentivano il peso di non poter decidere chi dovesse stare al governo della “cosa pubblica”.
Non ne abbiamo bisogno.

Mi pareva di essere il Candido e di parlare con tanti Pangloss: pensano a tutto loro, stiamo bene così e questo è il migliore dei mondi possibili. Qualsiasi decisione il governo prenda sappiamo che è per il nostro bene.
A dire il vero questo è un po’ anche il modo di pensare della stragrande maggioranza degli americani ma, rinfrescatemi la memoria, anche là non è che a democrazia siamo messi molto bene, no?

Sia beninteso che ai cinesi piacerebbe avere più di un figlio, questa legge non è certo una cosa che li fa saltare di gioia. Ma sanno che è necessaria, altrimenti il governo non l’avrebbe imposta (e francamente non so, in questo caso, dar loro torto…è una questione assai spinosa quella del sovrappopolamene e che prima o poi anche il resto del mondo dovrà affrontare). La prima legge sulla “pianificazione familiare” risale al 1979 a causa di un tasso di crescita così elevato da impedire un equilibrato sviluppo della società. Il figlio in più veniva soppresso se non si riusciva a far abortire prima la madre. Data la fortissima tendenza nella tradizione cinese al desiderio di una discendenza maschile per questione di eredità del proprio nome, non erano rari i casi di infanticidio delle figlie femmine. A partire dagli anni ’90 la legge è diventata più “umana e flessibile”, sostituendo la tremenda soppressione con una salatissima penale da pagare (il costo sociale che lo stato paga per sostenere un bambino, pari a 3 annualità di stipendio per una famiglia media) o con la perdita del lavoro da parte della madre. In alcuni casi è permessa la procreazione di un secondo figlio, nel caso di primogenitura femminile, per venire incontro alle tradizioni di ereditarietà cinesi. Fatto sta che questa legge è sicuramente responsabile di milioni di infanticidi e di aborti forzati da parte delle autorità. Tutto sommato i cinesi non sembrano disperarsi più di tanto della questione: molte coppie accettano di pagare per potersi permettere il secondo figlio e forse si stanno anche abituando all’idea.
Ripeto che la questione è troppo complessa per discuterne senza cadere nei pregiudizi e nella superficialità di chi vede le cose con occhio occidentale.

Riguardo le questioni politiche e le censure che vi sottostanno la questione è stata gestita in maniera molto più fine dalle autorità cinesi.

Prima di tutto va sottolineato che il regime cinese (che non oso più chiamare comunista in quanto è tutt’altro che basato sull’autarchia ovvero sull’auto-ssussistenza) basa la sua esistenza sul consenso popolare. Sissignori. Il consenso popolare è tutto, se dovesse venire a mancare il sistema collasserebbe su se stesso e le poltrone degli attuali dirigenti andrebbero a puttane. La società cinese è ancora molto legata ai concetti di stampo confuciano, che prevede un sistema basato, detto in soldoni, sul “ognuno stia al proprio posto che tutto andrà bene”.





La società confuciana è costituita da “coppie gerarchiche”, in ognuna delle quali c’è chi comanda e chi obbedisce. Chi comanda ha il dovere di proteggere chi obbedisce, mentre chi obbedisce sa che con il suo operato avrà la protezione di chi gli sta sopra.



Nella prossima parte toccherò più da vicino l’argomento, la cui comprensione è assolutamente fondamentale per capire il rapporto che vige fra i cittadini cinesi e lo stato e di come quest’ultimo sia riuscito a far sembrare normali e assolutamente necessari ciò che noi oggi riteniamo siano i mali assoluti: in un paio di parole, la mancanza di democrazia.

martedì 22 aprile 2008

La Cina in cuCina - Il Cane e altre carni

Oggi vorrei inaugurare una nuova categoria, allo scopo di sfatare alcuni luoghi comuni riguardo la cucina cinese e le abitudini alimentari del popolo che mi ospita.


Primo luogo comune da sfatare: i cinesi mangiano i cani!!


(nella foto potete apprezzare lo splendido esemplare di cane-bestia che ha vinto il concorso per “Il cane più brutto del mondo”)


Lo so, non ho sfatato niente, ma si può essere più precisi!

L’ho chiesto un po’ a tutti, coi cinesi si finisce quasi sempre per parlare di cibo! Ho chiesto se avessero mai assaggiato la carne di cane e se è vero che in Cina si mangiano abitualmente tali animali.

Mi è stato risposto che sì, il cane è previsto fra le bestie mangiabili, ma nella pratica nessuno o quasi se ne ciba. E i motivi addotti sono stati svariati quanto contrastanti:

- a nessuno piace, pare che non sia proprio buonissimo (concordo)
- è una carne piuttosto costosa, quasi da ricchi e poco differente dal manzo (questa poi, detta a un toscano!)
- solo in alcune province lo si mangia, raramente nelle grandi città (vero!)
- non lo trovano eticamente corretto perché il cane comincia ad essere anche qui un animale da affezione (lentamente, ma sì!)

Comunque sia, non voglio sentire parlare dei cinesi come degli incivili solo perché non si fanno troppe remore nel mangiare il cane.




Ricordo a tutti che gli americani ci giudicano un paese di vili barbari perché mangiamo il coniglio, che ha un musino tanto tanto tenero (dopo opportuna cottura).




Per loro il cane, come per noi il coniglio, è un animale come tanti altri, o per lo meno lo è sempre stato e solo ultimamente si è diffusa la moda di portarli al guinzaglio.
Fra l’altro pare che la stessa limitazione che il governo impone rispetto al numero dei figli (solo 1 per famiglia) sia stata adottata anche per quanto riguarda i cani, i quali non devono superare i 35 cm di altezza per motivi di sicurezza. Pare, infatti, che ci siano stati diversi casi di trasmissione di rabbia all’uomo (e centinaia di decessi) negli ultimi anni. In realtà io sono convinto che il vero motivo risieda nel fatto che i cani di taglia maggiore sono più buoni e sono meno noiosi da macellare! ^__^ (scherzo eh!)
Questo ha portato all’inevitabile conseguenza della diffusione di molte razze di topo-cane, quelli per i quali i padroni rincoglioniscono all’inverosimile scaricando su di essi tutte le loro frustrazioni affettive, rendendosi responsabili di pietose scene dove non si sa chi è più idiota fra le 2 tipologie di bestia!



In realtà le carni più usate qui in Cina sono il pollo e il maiale, ma incontrano molti favori anche la pecora, la capra e il manzo (la carne più costosa). Come già saprete, la carne non viene servita quasi mai da sola, ma all’interno di altri piatti come nelle zuppe di noodles o adagiata, insieme a verdure, sul riso:




Sono in pratica dei piatti unici, anche se solitamente i cinesi preferiscono ordinare più piatti per poi dividerli tra tutti i commensali (come sulla famosa “ruota cinese”).

Usano anche grigliare la carne, ma più che altro su tristi spiedini e in improvvisate griglie all’aperto che non danno affatto l’impressione di essere igieniche!!




Ma il problema non è tanto quello dell’igiene, ma lo è il fatto che impestino tali spiedini - che potrebbero anche avere un sapore apprezzabile - di odiosissime spezie che fa sembrare tutti i tipi di carne dello stesso sapore! Un po' come la cucina indiana (che dio l'abbia in malora).

Interiora:
trippa e stomaco di pecora si riescono a trovare abbastanza facilmente e a chi fa schifo pensare allo stomaco di pecora dicendo che è roba da cinesi, ricordo che il lampredotto fiorentino è un piatto praticamente identico ma preparato con il terzo stomaco della vacca!




Sono considerate vere e proprie leccornie le pelli di pesce e di pollo, specie se cotte in pentoloni con acqua bollente stile “fonduta cinese”, o cosiddetto “hot pot”. Anche le zampe di gallina vengono servite, quindi attenti a scegliere a caso dal menù se non volete spiacevoli sorprese!

Senza parlare della pelle d’anatra che è in pratica la parte più prelibata del più famoso piatto di Pechino, ovvero la famosa “anatra alla pechinese” o “anatra laccata”.

…..ok, non sentitevi ignoranti, nemmeno io ne avevo mai sentito parlare prima di cominciare il corso di cinese in Italia!!

La procedura per la preparazione, cottura e il modo di servire questo piatto sono un vero e proprio rito che comincia fin dall’allevamento dell’anatra (curandone una particolare alimentazione), descritto minuziosamente sul sito di "Sale&Pepe":

https://www.salepepe.it/salepepe-tv/web-serie/reportage/anatra-laccata-pechino/


Il ristorante più famoso per l’anatra alla pechinese è il famoso Quanjude (si pronuncia ciuangiud, frequentatissimo anche dalle personalità politiche più famose del mondo. Come vezzo mi hanno anche portato il cartellino personale della MIA anatra, la n. un miliardo e mezzo e qualche cosa, numerate da quando quel ristorante ha aperto (1864), ma francamente non sono rimasto impressionato dal sapore. Probabilmente il ristorante è frequentato da troppe persone contemporaneamente, una roba di 5-6 piani sempre tutti pieni e 3-4 filiali solo a Pechino. Dove invece l’ho veramente apprezzata e dove mi è stata servita come Dio comanda è stato in un ristorante un po’ più anonimo nelle vicinanze di piazza Tian’ an men, sulla via Qianmen.
In pratica mi è stata prima mostrata l’anatra (la MIA anatra)…




…e il cuoco ha cominciato a tagliare col coltello prima la pelle, che grazie al particolare tipo di cottura resta croccante e si stacca facilmente dal derma, poi la parte dei muscoli. La pelle va servita in un piatto dedicato, la carne in un altro piatto. A corollario della pietanza vengono servite fettine sottili di cipollotti, salsa di prugne e soia e dei dischi sottili di una specie di pane non lievitato nei quali avvolgere il mix anatra-cipollotti-salsa. Inoltre le parti meno apprezzate sono usate per fare un brodo che non sempre viene servito.




L’anatra ha un sapore delicatamente affumicato e la pelle, al contrario di quanto mostrino le facce schifate di chi ne sente parlare, è spettacolarmente buona! Ovviamente è tanto grassa da far salire i trigliceridi solo annusandola, ma il pre-trattamento e il tipo di cottura disperde un po’ di quei grassi in modo tale da poter uscire dal ristorante senza arresti cardiaci! Quel che è certo è che è meravigliosamente buona!!

Altre strani carni:
sono stati riportati in letteratura anche casi di carne di cammello (soprattutto la gobba), serpente, coccodrillo e altri esotici animali (dati non mostrati :D )
In alcuni ristoranti si può mangiare la medusa, il brodo di tartaruga, squali, ma non sono cibi che si possano definire “tipici”, quasi nessuno ne consuma a parte l’oloturia (che viene venduta anche in scatola e pubblicizzata…aibò!)


Risultati immagini per oloturia boxed

Vegetariani:
particolare menzione merita una particolare cucina tibetana a base strettamente vegetale, ma specializzata nella preparazione di portate che hanno il sapore della carne! Ad esempio è molto famoso il pesce di patate e il pollo che non ho idea di cosa sia fatto, non ci sono ancora stato! Ma chi c’è stato è pronto a giurare che  la somiglianza di sapori è impressionante! Più che altro mi chiedo come abbiano fatto a mettere a punto la tecnica di imitazione dei sapori se son vegetariani… -__- !

Per gli amanti dell’orrido, scorpioni, larve (bruchi), cavallucci marini…è vero, esistono e sono infilati a mò di spiedini nei mercatini rionali, un esempio di queste esposizioni li si trovano nella street food del quartiere Wangfujing, famoso per lo shopping e per questo tipo di merci.



Merita attenzione l'ultima foto, dove si vede quella specie di serpentello avvinghiato a uno stecchino. Credo che sia il pene di un capretto, cibo che ho avuto modo di apprezzare per errore mentre ero da solo in un ristorante. Per sopravvivere, infatti, mi sono imparato gli ideogrammi di "carne", "riso", "noodles", "uova" e di un po' tutte le bestie commestibili. Nel menù ho riconosciuto l'ideogramma di "capra" e di "carne"...non sono stato a indagare che cosa fosse l'altro ideogramma in mezzo. Poi me l'hanno spiegato :|

Ma in realtà non sono cibi che i cinesi consumano troppo spesso. I cinesi che ho intervistato io erano tutti schifati solo all’idea, anche se qualcuno di loro li ha assaggiati e ho visto cinesi mangiarli!
Ma son solo minchiate messe lì per attirare turisti in modo che possano raccontare qualcosa una volta arrivati a cas e permettere agli stranieri di parlar male dei cinesi. Che tanto si sa che il parlar male è uno dei passatempi preferiti dalle persone, un po’ come quando si va al mare e si comincia a commentare chiunque passi di lì! Alzi la mano chi non l’ha fatto! ^___^

giovedì 17 aprile 2008

Sembra un Off-Topic ma non lo è...

Ho intenzione di parlare, in un futuro più prossimo possibile, della situazione politico-sociale cinese, interna ed internazionale, così come viene vista dai cinesi. Gente alla quale sono riuscito a fare un po' di domande cercando di capire cosa rappresentasse per loro il Partito.

Sono emersi particolari molto interessanti, che mi hanno portato a tante riflessioni riguardo il cosa significhi una dittatura organizzata in maniera eccellente dal punto di vista della propaganda di partito e del concedere "panem et circenses" a un popolo che si lascia anestetizzare in base a certe illusioni di benessere.

Poi ho trovato in rete questo pezzo, datato 1840, che non posso non riportare e che si sposa bene sia con l'argomento di cui sopra (con la giustificazione, a favore dei cinesi, che loro hanno sempre vissuto molto molto male e han sofferto tutti la fame fino a poco tempo fa), sia con i recenti risultati elettorali in Italia (con l'aggravante che gli italiani non sono mai stati male come i cinesi se non 100 anni fa). Soprattutto riguardo il concetto di "Ordine pubblico".

N.d.r. del 2018: la stessa cosa vale dopo i recenti risultati elettorali con M5S e Lega che escono vincitori cavalcando l'onda della xenofobia.


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Tratto da "De la démocratie en Amerique" di Alexis De Tocqueville, 1840.


«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civilità e dell’abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri… Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso.
Basterà che si preoccupi per un po’ di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l’ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell’ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad asservirla.
Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

Wode tóngxué (i miei compagni di studio)

E’ giunta l’ora di rendere un piccolo omaggio alle persone che ho conosciuto qui e che mi hanno indubbiamente dato una grossa mano a non farmi sentire solo e disperso in questa Pechino da bere!

Nel programma di dottorato che sto seguendo in terra straniera, è stato previsto un mini-corso di 3 mesi pre-partenza, per imparare un po’ le basi della lingua cinese. Giusto le basi per la pronuncia, l’ascolto (lasciamo perdere!), un po’ di frasine per l’immediata sopravvivenza (buongiorno, ciao, fame, sete, cacca, pipì).

Non molto di più, dato che, come mi era stato più volte giurato, “tanto nell’istituto dove andrai a studiare parlano tutti bene l’inglese, cosa credi, non ti mandiamo mica nel Burundi! (cit.)”.
E invece la situazione per quanto riguarda la comunicazione nel mio laboratorio è più che tragica e per spiegare due concetti da 5 minuti ci vogliono 2 ore e traduttore alla mano! Per quanto riguarda le comunicazioni sociali, la cosa diventa anche più triste, dato che qualsiasi concetto, invece che una conversazione piacevole, diventa un’odissea linguistica!

Per fortuna avevo preventivato, già prima di partire, di iscrivermi a un corso di cinese in una università locale. Un corso di “ben” 3 settimane, effettivamente poco ma è servito a tanto altro, oltre che a imparare a scrivere un po’ di caratteri cinesi o almeno a capire il concetto che vi sta dietro!

Già, perché tramite questo corso ho conosciuto persone provenienti da tutto il mondo e che finalmente parlavano un inglese utilizzabile per la comunicazione, situazione che mi ha fatto sentire meno isolato! Soprattutto tanti asiatici, come tailandesi, coreani, giapponesi, mongoli e kazaki. Ma anche molti africani (Nigeria e...Burundi soprattutto, visto che alla fine torniamo lì?), russi, spagnoli, un messicano, un colombiano, gente dal Belgio, Austria e altri paesi ancora.

La prima cosa da fare era vergare con il proprio saluto il tabellone all’ingresso della scuola. Nelle foto potete apprezzare la veduta generale del tabellone e poi il dettaglio del mio saluto personale. Il “Benvenuti” era già stato preso da un italiano andato via mesi fa, così ho ripiegato su un grande classico toscano.




Dopo il test per verificare il mio livello di cinese sono stato ovviamente relegato alla prima classe “ciuchi”! Una classe composta da una decina di persone:




Immediatamente io e Daniel, il nero burundiano che non fa contrasto con la lavagna (ho messo un alone per renderlo più evidente ^__^’ ), abbiamo stretto una simpatica amicizia e abbiamo cominciato a mostrare subito il lato più gioviale del nostro carattere! Insomma, giusto per risollevare un po’ il morale della classe che altrimenti sarebbe stato un po’ spentino! Il nostro saluto è ormai un inossidabile “wode pengyou!!”, ovvero “amico mio!” e giù pacche sulle spalle e strette di mano stile Bronx!
Per fortuna avevo anche un’altra rappresentante europea in classe, la spagnola Nuria che di spagnolo ha solo la lingua madre! Nell’immaginario collettivo gli spagnoli son gioviali, caciaroni anche rumorosi…questa qui era poco distante da una mummia in quanto ad allegria! Penso che sia l’unica persona che conosca che si è messa a imparare il polacco senza averne alcun motivo! O_________o




Poi c’è il “duo Tailandia”, Sun Ni, l’unica studentessa ad essere più vecchia di me in tutta la scuola, probabilmente, e Lin Xian Tao, una puffetta piccola piccola, la secchiona della classe per quanto riguarda il gruppo tailandese col quale esco spesso e la più brava nel parlare inglese!




Particolare menzione merita il kazako Zhaga, un ragazzone che mi ricorda tanto il mitico Perrone de “Il libro cuore”, sempre zitto e in disparte anche perché, non sapendo né cinese né inglese, evidentemente doveva sentirsi un po’ un pesce fuor d’acqua! Ma trasmetteva a tutti allegria, in modo inspiegabile!




Nella seconda foto è immortalata la mitica Sun Laoshi (Professoressa Sun) che, senza contraddire la pazienza cinese, ha sopportato stoicamente - e anche con inaspettato senso dello humor - le insolenze e le mancanze di riverenza da parte mia e di Dani! Sopra la vedete nella tipica posa da foto cinese, col segno di V (Vittoria?? O Vicopisano nel caso lo faccia un pisano, senza fare nomi)!!

E poi…ah…che meraviglia! E poi ci sono i coreani! Grandi pezzi da 90, senza di loro ci saremmo divertiti molto meno! Il loro leader, il grande Zin Zai Xian (pronuncia: zinzaiscien), un nome da cartone animato per un comportamento da cartone animato con poteri da supereroe e per questo denominato “My Hero”! Un tipo che non vuole noie, che non dà confidenza mai a nessuno e che soprattutto ha un superpotere che lo ha reso il mio modello di riferimento, l'ha reso My Hero: a ogni pausa di lezione lui metteva il capo sul banco e riusciva, in meno di 30 secondi, a dormire di un sonno così profondo per tutta la durata degli intervalli (3 pause di 10 minuti ogni mattina) che non poteva non suscitare la mia più profonda ammirazione e gelosia. Sì, proprio come nei cartoni animati. Avete presente gli studenti dei cartoni animati giapponesi con la bolla al naso? Ecco, così!


 Risultati immagini per manga sleeping bubble nose


Dopo pochi giorni aveva già dato prova di infinito carisma verso le sue compaesane, che pur dotate delle stesse strabilianti capacità, nei primi giorni non trovavano il coraggio di mostrare una tale mancanza di pudore! Notare bene: SENZA MANI!!!




In seguito ho scoperto che di questi superpoteri sono naturalmente dotati anche i giapponesi, cartoons docent!
C’è anche da capirli, non è che le lezioni di cinese, soprattutto quando si tratta di studiare i caratteri, siano esattamente facili da seguire…




Le facce di questi compagni erano sempre così rilassate e beate! Adesso ho capito come sfruttare al massimo la mia permanenza qui in termini finanziari. Ho intenzione di carpire tutti i segreti dell’arte ed esportare il know how per questa nuova disciplina rilassante. Altro che Yoga, altro che mantra e tantra e blablablantra!! La gente ha bisogno di dormire! Ovunque, in qualsiasi momento ne abbia bisogno (anche in tram!) e anche per soli 5-10 minuti alla volta che, se accumulati sapientemente durante il giorno, possono anche farvi guadagnare 1 ora di sonno in più!! Via lo stress, via le rughe, via le borse sotto gli occhi! Il nuovo motto politico sarà “Zin Zai Xian rialzati”, e lo proporremo come premier alle prossime elezioni del 2050 quando Berlusconi avrà deciso di indire nuovamente libere elezioni!

p.s.: a proposito di elezioni, ho una camera abbastanza ampia, se qualcuno si accontenta di dormire in terra posso offrire asilo politico!
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domenica 13 aprile 2008

La tribolata storia dell'orsogatto

Veniamo quindi alle star dello zoo, trattate come dei re e supercoccolati visto che contribuiscono, a mio modesto ma insindacabile parere 😜, ad almeno l’80% del fatturato!

Oggi parliamo del panda, in cinese xiaomao o - tradotto alla lettera - “orsogatto” (non fatemi domande sul perché di questo nome!).
Simbolo della Cina e del WWF, nonché adottato come una delle mascotte delle imminenti olimpiadi, la sua immagine è stata sfruttata dalla Cina più di quella di Berlusconi in ogni campagna elettorale!





All’interno dello zoo, una pagoda apposita ospita una parte degli esemplari, soprattutto quelli più giovani. In questa pagoda, però, le bestie le si possono osservare solo “sottovetro”, dove spesso vengono messi in mostra i rarissimi cuccioli che riescono a nascere in cattività (se l’età lo permette):


si, se la sta decisamente dormendo!


In questa sorta di tempio eretto al panda si possono “apprezzare” souvenir a forma di panda o simil-panda, peluche di panda, penne al panda (scriventi, non parlo di pasta!) insomma gadgets ispirati all’animale fino alla nausea, non si può dire che i cinesi non abbiano il senso degli affari!

L’esterno della struttura è organizzato in ampi spazi dove vi sono gli esemplari più vecchi nell’atto di…riposare, dormire, o mangiare bambù.



Ma passiamo a descrivere un po’ più nel dettaglio le particolarità di questo curioso animale. Checchè se ne dica in ambito zoologico, nel quale alcune sette cercano di far passare il panda come appartenente alla famiglia degli ailuridi ordine dei carnivori, il panda è un orso, ve lo dico io! Niente lo distingue dagli orsi se non un curioso finto pollice che, in quanto opponibile, gli conferisce l’abilità di poter afferrare gli oggetti e di portarseli alla bocca come una qualsiasi scimmia (o lemure, contenta Lucia?? 😆 ).
Nonostante il suo non sia un vero pollice, ma solo una protuberanza flessibile di un osso del polso, non si può dire che il panda non abbia una certa dimestichezza con l’utilizzo degli oggetti afferrabili.

Nella foto sottostante possiamo notare un panda intento a togliersi il filino del famoso “prosciutto di bambù” dai denti, sfruttando lo pseudo-polliceopponibile.


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Nelle ipotesi evolutive che hanno portato allo sviluppo dell’intelligenza nei primati, largo spazio è dato alla comparsa del pollice opponibile. Tale caratteristica, infatti, permette di raccogliere, esaminare e manipolare gli oggetti nelle loro tre dimensioni stimolando le capacità sensoriali e intellettive, permettendo anche l’utilizzo degli oggetti raccolti come strumenti.
Il panda, invece, non mostra di aver sfruttato tale capacità per sviluppare intelligenza visto che, nonostante sia annoverato tassonomicamente fra i carnivori, preferisce nutrirsi quasi esclusivamente di insipido bambù, snobbando tutta una serie di cibi più prelibati quali la bistecca o il branzino al forno con le patate.
Questa pianta fra l’altro non fornisce un apporto energetico elevato (ma ha il vantaggio di essere disponibile per tutto l’anno), costringendo l’animale a impiegare gran parte del suo tempo libero per la nutrizione: in pratica ingurgita, ogni giorno, germogli di bambù fino al 50% del proprio peso!!

E qui veniamo alle ipotesi della loro estinzione. Ve ne sono moltissime, sia legate al bambù che legate alle abitudini sessuali del panda.

Iniziamo col sesso! Dobbiamo sottolineare che il panda è un animale pigro, lento, sessualmente poco attivo.



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Fra l’altro se deve mangiare quintali di germogli di bambù (nemmeno solo bambù, devo proprio scegliersi i germogli!) si può facilmente evincere che non gli resta molto tempo per le attività social-ludiche.
Probabilmente è anche per questo che la femmina è sessualmente ricettiva per soli due o tre giorni all’anno, in pratica cerchiamo di non lamentarci più se le nostre donne fingono troppo spesso il mal di testa, c’è a chi va peggio!
D’altra parte c’è anche da capire la povera femmina del panda: il maschio pare avere un pene molto piccolo rispetto alla lunghezza della vagina (non sto inventando niente, posso referenziare!) il che, oltre a rendere ulteriormente complicati accoppiamento e fecondazione, e quindi la salvezza della specie, di certo non invoglia la femmina all’atto sessuale, in barba a tutte le ipotesi per le quali “le dimensioni non contano”. Se esiste tutta una fenomenologia di spam dal titolo “enlarge your penis” un motivo deve pur esserci, rassegniamoci! Anzi, rassegnatevi! 😎


Va da se che i panda sono animali piuttosto timidi e di stampo tradizionalista, non prendiamoli in giro se non amano il sesso o le molestie sessuali, come ampiamente dimostrato in questo spezzone tratto da South Park:





Nonostante questo l’arroganza dell’essere umano si è dimostrata ancora una volta senza confini, arrivando a mostrare filmati a luci rosse agli animali per indurli all’accoppiamento e mostrare al maschietto come si dovrebbe comportare un adulto di fronte alla femmina.
Anche stavolta non invento niente! Ciccate!

A questa naturale scarsa predisposizione alla riproduzione sessuale, si sono aggiunte numerose altre problematiche alla proliferazione dei panda e, ovviamente, buona parte di queste è attribuibile alla nostra specie. Prima degli anni '60 la caccia indiscriminata per le pellicce o l’internamento negli zoo e la fortissima antropizzazione del territorio hanno creato le basi per l’inizio della rovina di un ecosistema già molto fragile. Infatti, una specie animale che ha un habitat molto ristretto, un’alimentazione pochissimo differenziata e uno scarso tasso di natalità non è esattamente un’ottima candidata al superamento della selezione naturale!
La caccia è stata vietata nel 1963 e si è arrivati perfino a stabilire la pena di morte per l’uccisione di questi animali (ora revocata).

Infine, un disastro naturale avvenuto in Cina ne ridusse drasticamente il numero: il panda si nutre di germogli di bambù, piante che muoiono dopo la fioritura. Nel suo habitat ne esistono numerose specie che fioriscono (e muoiono) in tempi differenti, facendo si che il panda non resti senza cibo. Essendosi verificata una fioritura di tutte le specie contemporaneamente, i panda restarono privi di cibo e furono decimati. Inoltre c'è da considerare che il bambù di una zona può in effetti fiorire contemporaneamente, andando incontro a periodiche morie di massa, ogni 10-100 anni. Per far fronte a queste carestie il panda è normalmente disposto a vincere la sua pigrizia e a percorrere lunghe distanze in cerca di nuove foreste. Queste migrazioni sono molti utili anche per far sì che gli esemplari di uno stesso gruppo non si accoppino fra loro.
Ma, come già esposto, l'habitat del panda è ormai stato rosicato e rovinato dall’intervento dell’uomo per la costruzione di dighe, villaggi ecc., impedendogli di fatto tale migrazione.
La mancanza di grandi spazi entro i quali spostarsi ha come logica conseguenza sia la penuria di cibo, sia l’accoppiamento fra individui di uno stesso gruppo. Quest’ultima problematica porta inevitabilmente all’impoverimento della variabilità genetica all’interno dei vari gruppi e il rischio di riproduzione fra consanguinei, con la conseguente possibilità di generare prole sterile o gravemente malata.
Nell’immagine sottostante si nota come la distribuzione attuale dell’habitat del panda sia oggi distribuita a “macchia di leopardo” (quelle piccole macchie arancioni quasi invisibili...).


Risultati immagini per panda habitat



Per risolvere questo problema il governo cinese ha operato diversi interventi volti a creare dei corridoi di passaggio che colleghino le varie aree dove ancora sopravvive il panda, in contemporanea alla reintroduzione di numerose specie di bambù per evitare i fenomeni di penuria di cibo. Oltre a questo sono stati operati anche grandi sforzi per ottenere il contributo della popolazione, tramite incentivi o inserimento degli abitanti nei progetti turistico/ambientali, per evitare la distruzione delle foreste e la caccia di frodo, che rappresenta ancora un pericolo.

I progetti di protezione ora stanno dando alcuni risultati, nonostante il panda sia considerato una specie già estinta: gli sforzi descritti, più i progetti di inseminazione artificiale, e la costruzione di vere e proprie nursery hanno portato la specie da un minimo di 1000 agli attuali 1600 esemplari.



C’è da dire che se il panda non fosse stato così tenero e carino non credo che avremmo assistito alla coralità di sforzi internazionali adottati per questo animale, soprattutto perché il business turistico che ormai vi aleggia intorno è davvero fiorente. Non resta che fare di necessità virtù e sperare che l’allarme intorno a questa specie si propaghi anche ad altre, prendendo ad esempio questa esperienza per far si che si tenda a prevenire, creando le basi di un’armonica convivenza uomo/animali, piuttosto che curare un processo di estinzione quasi ai suoi ultimi stadi!

Per esempio...chi sarebbe disposto ad adottare un limulo, specie in via di estinzionecome il panda, ma molto meno puccioso?

giovedì 10 aprile 2008

Allo zoo...

Durante il primissimo week end qui a Pechino mi sono subito tolto uno sfizio che avevo da tempo, ma da tanto tempo: andare a vedere il panda - animale ormai quasi mitologico - nello zoo di questa città.
Del quale però non parlerò adesso ma in un apposito post, odio i post troppo lunghi (e anche voi)!

Lo zoo di Pechino non è bello. Direi che è parecchio triste per almeno un 60-70% di ciò che offre da vedere! La restante percentuale non me la sono potuta godere tantissimo dato che mi son reso conto solo dopo che l’inverno, specie se rigido come quello pechinese, non è il periodo migliore per andare a vedere degli animali (specialmente se vengono da zone molto più calde). Difatti, se ci pensate bene, gli animali che più possono attirare l’attenzione del visitatore sono i panda, gli animali della savana e quegli animali che con difficoltà si trovano in giro in altri continenti, tipo i teneri marsupiali. I panda, come tutti gli orsi, hanno l’invidiabile abitudine di andare in letargo durante l’inverno. Gli animali della savana non vanno in letargo, ma se li tieni in uno zoo diventa essenziale tenerli al caldo in inverno. Idem per i canguri.

Mi aspettavo, ovviamente, che nello zoo di Pechino non si badasse molto ai diritti degli animali, visto e considerato come gestiscono quelli umani. E in effetti sono stato piuttosto combattuto sull’opportunità di andarci o meno, ma almeno 1 sola volta nella vita un panda lo dovevo vedere! Almeno finché ci saranno sulla terra!

Lo zoo è decisamente costruito in funzione della star principale. Indovinate? Il panda.
A discapito, in verità, degli altri animali che vengono un po’ trascurati sia dal punto di vista della visibilità che della qualità della vita. Molti di essi sono relegati in gabbie dalle pareti di vetro, a volte molto piccole.
A me piace lo zoo, fin da piccolo mi è sempre piaciuto. So che è una sorta di barbarie, ma ormai gli animali dei giardini zoologici sono lì da anni e non potrebbero essere liberati e le nuove catture credo che siano veramente rarissime (ok, sono sicuro che non è così a Pechino!).
Ma comunque non piace che gli animali siano dietro a un vetro: manca il rapporto diretto, non cambia niente rispetto allo stare davanti una televisione.


(no, non è un peluche!! E’ un panda rosso!!)


Ricordo che allo zoo di Pistoia potevo stare polpastrello a polpastrello con le scimmie rhesus, molto piccole. Altra storia, anche se lo zoo di Pistoia fa più terrore di un lager!
Oltre all'odioso vetro, il problema è la dimensione delle gabbie e il freddo pungente al quale sono lasciati gli animali.

Moltissimi animali mantengono dei comportamenti stereotipati tipici degli animali sotto stress o costretti a stare in spazi angusti per moltissimo tempo. Percorrono mille volte una stessa linea avanti e indietro, ripetono gli stessi gesti con la stessa sequenza e senza uno scopo (per es. si siedono poi si rotolano sulla schiena, si rialzano, vanno verso le sbarre/vetro e ricominciano, decine di volte di seguito), hanno lo sguardo perso nel vuoto e sono apatici. Una sofferenza a guardarli.




Inoltre le gabbie sono mantenute a temperature appena sufficienti a non far morire gli animali, tanto che nelle prossime foto potete vedere come una scimmia tenti di scaldarsi le mani a un termosifone in un atteggiamento tipicamente umano e dei canguri che cercano sollievo dal freddo (hanno dovuto mettere dei pannelli ai termosifoni affinché gli animali non si ustionassero avvicinandosi troppo agli elementi dei caloriferi).




Molto carina, invece, la gabbia dei lemuri, scimmie primati (mi hanno giustamente fatto il culo per averle definite scimmie!) un po’ particolari che abitano esclusivamente in Madagascar: chi ha visto l’omonimo cartoon se le ricorderà! Erano in compagnia di scimmiette più piccole, tenere tenere, che mi veniva voglia di portarle a casa!  😊




La situazione era un po’ migliore per le fiere della savana: leoni e tigri erano posizionati in serragli un po’ più ampi…non che godessero, ma erano trattati meglio dei loro “colleghi”. Il re della giungla spesso sfregava con una zampa la porta che conduceva alla parte coperta della sua gabbia, per farsi aprire: aveva freddo e vederlo comportarsi come il più comune dei gatti mi ha fatto un triste effetto…




Ma una parte dei felini era comunque rinchiusa in gabbie strette e maleodoranti in un’altra zona, dove ho ritrovato i comportamenti stereotipati di cui sopra. Scene raccapriccianti.

Sorte terribile per i giganti della savana: giraffe, elefanti, rinoceronti e ippopotami relegati in capannoni con pochissimo spazio procapite. A volte ho avuto l’impressione che questi poveri animali non potessero nemmeno arrivare a girare su se stessi senza l’ausilio di un “parcheggiatore” che indicasse loro le manovre.




Piacevole sorpresa alla voliera dei grandi rapaci: avvoltoi e condor erano i protagonisti di una immensa rete che racchiudeva uno spazio che ricordava molto i paesaggi dei cartoon di Will Coyote.
Uccelli bellissimi che ho avuto l’occasione di fotografare anche mentre smembravano una carcassa, visione non consigliata per un pubblico dallo stomachino debole!




Esausto dalla giornata, mi ritiro in un baretto a consumare qualcosa di caldo, per la cronaca una disgustosa miscela di tè, latte e fragola, aibò! Una delle pareti del bar era di vetro e confinava proprio con la voliera. Una bellissima aquila si posa su un ceppo a due passi da dove sorseggiavo il nauseabondo liquido…




La guardo con aria di sfida ma non sembra intimorita. Mi avvicino il più possibile a lei, incollo l’obiettivo della mia macchina fotografica al vetro per evitare ogni riflesso…ero convinto che lei sarebbe scappata a questo gesto, invece quella popò di vanitosa comincia a farsi fotografare come una diva del cinema e mi lascia portare a casa tutta una serie di scatti dei quali vado orgogliosissimo! Una botta di culo mica male questo servizio fotografico!! ^___^




Alcuni animali è stato impossibile vederli, dato che si nascondevano nelle parti interne delle gabbie per ripararsi dal freddo. Meglio per loro e non credo che tornerò per vederli. Mi son rifatto spiando la prima colonia di gatti trovata da quando sono arrivato a Pechino! I miei amati gatti qui sono una rarità e non so perché! No, prima che lo diciate, la gente non se li mangia: portano fortuna e i cinesi sono superstiziosi! I cani si, ma magari ne parlerò quando descriverò un po’ di cibi!