Sottotitolo: La politica, il regime, la censura, il consenso popolare
Prima o poi dovevo cimentarmi in questi spinosi e labirintici argomento. E’ ora di rompere gli indugi e rischiare un po’ di galera per tenere informati voi occidentali assetati (ma anche no) di notizie geopolitiche dalle terre lontane.
Mi rendo conto ora più che mai che vedere le cose dall’esterno possa portare visioni sia parziali che distorte. O almeno, se non si hanno referenze dall’interno, cosa che vado a rappresentare in questo momento, ognuno di noi tende a crearsi delle idee che sono più influenzate dalle sceneggiature personali piuttosto che da ciò che si è effettivamente in grado di analizzare.
Per esempio io avevo una visione dei cinesi come di un popolo sofferente e con un’intrinseca e costante propensione alla ribellione dal regime, il quale li opprime e non gli permette di fare figli a seconda delle loro volontà, di ottenere notizie da più fonti (soprattutto quelle internazionali), di esprimere la loro opinione liberamente in quanto terrorizzati dai controlli capillari della polizia (che effettivamente è ad ogni angolo di strada, anche il più inutile, nonché ne sono pieni i negozi e gli edifici pubblici)
Niente di tutto questo mi è stato confermato in questi primi due mesi di permanenza qui e direi che sono stato sorpreso dallo straordinario allineamento ai pensieri del regime della maggior parte delle persone riguardo le questioni sulle indipendenze e le violenze presenti e passate.
Voglio essere chiaro ed onesto, non è che abbia intavolato discussioni con un campione demoscopico amplissimo, avrò parlato di certi argomenti con una decina di persone di varia estrazione e di varia provenienza geografica (nel mio campus i cinesi di Pechino sono pochissimi, tutti studenti fuori sede). Però ho chiesto se il loro modo di vedere le cose rispecchiava quello di altri (tutti) e la risposta è sempre stata assolutamente si!
La cosa che più mi ha sorpreso è che i cinesi nutrono la più genuina e acritica fiducia nel proprio governo. Sono esattamente come dei bambini di fronte all’autorità del padre: pensa a tutto lui e noi sappiamo con certezza che qualsiasi suo gesto, oltre che perfetto, non può che essere finalizzato al nostro benessere. E da lui ci sentiamo protetti.
Tutto ciò che noi giudichiamo liberticida e antidemocratico per loro è semplicemente un qualcosa del quale non hanno bisogno. Ed è così che mi hanno risposto quando, vedendomi fremere per conoscere i risultati elettorali dopo il 14 aprile, ho chiesto loro se non sentivano il peso di non poter decidere chi dovesse stare al governo della “cosa pubblica”.
Non ne abbiamo bisogno.
Mi pareva di essere il Candido e di parlare con tanti Pangloss: pensano a tutto loro, stiamo bene così e questo è il migliore dei mondi possibili. Qualsiasi decisione il governo prenda sappiamo che è per il nostro bene.
A dire il vero questo è un po’ anche il modo di pensare della stragrande maggioranza degli americani ma, rinfrescatemi la memoria, anche là non è che a democrazia siamo messi molto bene, no?
Sia beninteso che ai cinesi piacerebbe avere più di un figlio, questa legge non è certo una cosa che li fa saltare di gioia. Ma sanno che è necessaria, altrimenti il governo non l’avrebbe imposta (e francamente non so, in questo caso, dar loro torto…è una questione assai spinosa quella del sovrappopolamene e che prima o poi anche il resto del mondo dovrà affrontare). La prima legge sulla “pianificazione familiare” risale al 1979 a causa di un tasso di crescita così elevato da impedire un equilibrato sviluppo della società. Il figlio in più veniva soppresso se non si riusciva a far abortire prima la madre. Data la fortissima tendenza nella tradizione cinese al desiderio di una discendenza maschile per questione di eredità del proprio nome, non erano rari i casi di infanticidio delle figlie femmine. A partire dagli anni ’90 la legge è diventata più “umana e flessibile”, sostituendo la tremenda soppressione con una salatissima penale da pagare (il costo sociale che lo stato paga per sostenere un bambino, pari a 3 annualità di stipendio per una famiglia media) o con la perdita del lavoro da parte della madre. In alcuni casi è permessa la procreazione di un secondo figlio, nel caso di primogenitura femminile, per venire incontro alle tradizioni di ereditarietà cinesi. Fatto sta che questa legge è sicuramente responsabile di milioni di infanticidi e di aborti forzati da parte delle autorità. Tutto sommato i cinesi non sembrano disperarsi più di tanto della questione: molte coppie accettano di pagare per potersi permettere il secondo figlio e forse si stanno anche abituando all’idea.
Ripeto che la questione è troppo complessa per discuterne senza cadere nei pregiudizi e nella superficialità di chi vede le cose con occhio occidentale.
Riguardo le questioni politiche e le censure che vi sottostanno la questione è stata gestita in maniera molto più fine dalle autorità cinesi.
Prima di tutto va sottolineato che il regime cinese (che non oso più chiamare comunista in quanto è tutt’altro che basato sull’autarchia ovvero sull’auto-ssussistenza) basa la sua esistenza sul consenso popolare. Sissignori. Il consenso popolare è tutto, se dovesse venire a mancare il sistema collasserebbe su se stesso e le poltrone degli attuali dirigenti andrebbero a puttane. La società cinese è ancora molto legata ai concetti di stampo confuciano, che prevede un sistema basato, detto in soldoni, sul “ognuno stia al proprio posto che tutto andrà bene”.
La società confuciana è costituita da “coppie gerarchiche”, in ognuna delle quali c’è chi comanda e chi obbedisce. Chi comanda ha il dovere di proteggere chi obbedisce, mentre chi obbedisce sa che con il suo operato avrà la protezione di chi gli sta sopra.
Nella prossima parte toccherò più da vicino l’argomento, la cui comprensione è assolutamente fondamentale per capire il rapporto che vige fra i cittadini cinesi e lo stato e di come quest’ultimo sia riuscito a far sembrare normali e assolutamente necessari ciò che noi oggi riteniamo siano i mali assoluti: in un paio di parole, la mancanza di democrazia.